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Pearlchild - I Cap 5.2 "Non guardare e scappa!"

  • Immagine del redattore: mizar106
    mizar106
  • 15 nov 2024
  • Tempo di lettura: 9 min

Aggiornamento: 17 nov 2024



Rachel gettò gli occhi sul vestito, poi, preoccupandosi per Lizzie, si voltò a guardarla. L’altra emise un gemito di gioia, con Pasticcio che, tutto sollevato, s’era appigliato nel frattempo alla sua gonna, emettendo un sibilo.

“Oh! Piccolo... pasticcino mio! Pasticcio bello... va tutto bene, è tutto a posto adesso...”.

All’improvviso, gli si era fiondata addosso e stringendoselo al petto, lo teneva fermo. Rachel li osservò con un sorriso, riprendendo fiato. Lizzie si voltò verso di lei, gli occhietti scossi per lo spavento:

“Rachy tutto ok? Come ti senti?” domandò. “Se non ci fossi stata tu, a quest’ora... davvero non so come ringraziarti!”. Rachel sforzandosi, provò a sorridere:

“Qualche ammacco qua e là, credo... ma niente di serio.” Quindi fece una breve pausa:

“Beh, all’inizio pensavo quasi di non farcela, ma poi...”. Quindi si bloccò riprendendo fiato, e Lizzie scattò in piedi tentennando verso il ciglio del burrone, guardando in basso:

“Rachy, ce ne dobbiamo andare. Non so di che si tratti ma... ti dico che c’è qualcosa là sotto, dentro quelle buche”. Di colpo la sua voce diventò spettrale:

“Qualcosa ci sta guardando da là sotto e... te l’assicuro, non è uno spirito”.

Rachel deglutì quasi a fatica. Un brivido le aveva impedito di respirare:

“Non sarà stato un altro gatto?” disse riducendo la voce quasi a un filo, come se fosse un segreto. “Forse Pasticcio se n’è accorto e...”.

“Impossibile” tagliò corto Elizabeth. “Lui è menefreghista per natura, inoltre gli altri gatti non gli piacciono. E non è tutto... da tre anni a questa parte, non l’ho mai visto interessarsi a nulla che non fosse cibo”. Quindi fece una pausa e in un lampo, cambiò espressione: “Il cibo... di chissà quale animale! Rachy...”

Rachel deglutì e afferrandola si rimise in piedi.

“Mi stai dicendo che c’è un orso? Un orso... laggiù, dentro il burrone... ma non può essere!”.

“Un orso delle caverne!”. Le parole di Lizzie tremavano come foglie al vento, pronte a cadere. “Di quelli... enormi che se ne stanno sottoterra... Rachy andiamocene... andiamocene ti scongiuro!”

Presa dalla fretta, l’amica trascinò Rachel per il braccio e si rimise in marcia.

“Sssh! Parla piano, accidenti!” protestò Rachel, avanzando bruscamente con Lizzie che le faceva strada: “Salterà di nuovo fuori se la smetti... devi parlare piano!”

L’altra tentennò col gatto in braccio, quasi rallentando. Poi un verso soffocato le sfuggì di bocca:

“Lizzie, però come lo sai?” chiese Rachel sussurrando. “Per via degli orsi... come sai che posson vivere sottoterra? Ne hai già visti?”

Gli occhi di Lizzie formarono due tenebrose pieghe:

“L’ho sentito da papà, una volta, quand’ero piccola...” disse quasi impaurita. “Però in realtà non ne ho mai visti. All’inizio pensavo fosse solo una leggenda ma evidentemente, non è così... forse lui è uno di quelli....”

Rachel, nervosamente, riprese fiato.

“Allora da che parte?”. Di colpo, Lizzie si arrestò davanti a un bivio con due grosse querce. Da lì, un sentiero (quello di sinistra) s’insinuava a zig-zag nella faggeta mentre l’altro, più pietroso e impervio, aggirava il bosco. Rachel la guardò accigliandosi, il dolore alle ginocchia non smetteva e le procurava noia

“Se tornassimo nel bosco...” rifletté. “Dobbiamo trovare delle indicazioni per uscire. Sempre che ce ne siano...”

“Il sentiero di sinistra è più battuto” osservò Elizabeth. Rachel annuì:

“Di lì... sarà più facile incontrare dei cartelli, no?”

Lizzie esitò e nei suoi occhi comparì un bagliore. Fece per annuire, ma in realtà non ne ebbe minimamente il tempo, perché un fragore improvviso (simile a un crepitio di sassi) rombò di colpo alle loro spalle, come uno squarcio. In un lampo, le due ragazzine si accasciarono coprendosi con le mani in testa. Dopo qualche istante, Lizzie guardò negli occhi l’amica, e Rachel la fissò a sua volta. Le pupille scosse e dilatate come anelli, dall’aspetto liquido. Poi uno scossone colpì Elizabeth, la quale, di colpo, si ritrovò a dover lottare con Pasticcio per tenerlo fermo:

“Sshh...che fai, buono! Buono ho detto!”

In un attimo, il gatto sfilò via dalla sua presa e con un balzo si lanciò in direzione della gola come una saetta. Spinta dall’esasperazione, la padroncina gli si precipitò dietro, e Rachel, la seguì a sua volta. Purtroppo per loro però, non fecero in tempo a stargli dietro che una macchia improvvisa, quasi incombente, si levò sopra la gola costringendo tutt’un tratto le bambine a guardare in alto: un girifalco color sabbia, con grandi ali e le piume striate, volteggiava impaziente su di loro, lanciando un grido.

Rachel sospirò per il sollievo. Un sussulto le aveva bloccato il battito per un momento. Lizzie abbassò gli occhi sbigottita con la bocca aperta:

“Stupendo... è bellissimo!” esclamò, quasi con meraviglia.

Rachel annuì e con fatica si chinò a terra:

“Ma allora...”

Avvicinandosi a Pasticcio, Lizzie esultò col volatile che sfrecciava verso l’alto fino a scomparire:

“Visto che ali? Forse quel buco è il suo rifugio... e se ci fosse un nido?”

“Tornerà a difenderlo se non ci sbrighiamo...” la incalzò Rachel di rimando. Poi inginocchiandosi, Lizzie diede una carezza al gatto, e sorridendo disse:

“Hai visto? Si è lasciato prendere”.

“Sai? Temo che dovresti abituarti a tenerlo in braccio”.

“Beh, a volte si lascia prender facilmente, ma non accade spesso.” commentò Elizabeth. “Lo sai che è un gatto strano... che vuoi farci. Comunque accidenti... lo sai? Per un attimo ho temuto il peggio.”

“Lizzie...” tirandola per il braccio, Rachel provò a esortarla a incamminarsi, senza però successo. L’altra proseguì:

“Cioè, lui... si, ok, a volte si comporterà anche come un matto, ma non è stupido. Anzi, è molto intelligente quando vuole... è solo che... a volte si prende un po’ troppe libertà lo riconosco, è lì il problema...”

Rachel provò a incalzarla.

“Lizzie?”

“...credeva di poter andare dove vuole lui... ma ha capito che ci sono posti un po’ rischiosi persino per un gatto della sua razza... così, sentendosi un po’ in colpa alla fine si è pentito, ed è andato in crisi. Povero piccolo... chissà, forse voleva solo un po’ di coccole... a proposito di gatti, lo sai che ce ne son certi molto stupidi che diventano via via più intelligenti quando li accarezzi? Credevo fosse solo una leggenda, ma probabilmente è vero... ad ogni modo, Pasticcio di sicuro è un’altra razza e non ne ha bisogno... non è vero pasticcino?”. Di nuovo, abbassò gli occhi su felino e poi, con amorevolezza, vi posò una guancia. “Tranquillo, si va a casa finalmente, non sei contento?.”

Rachel la fissò provando un brivido. Qualcosa di ingombrante laggiù in fondo si stava spostando, e lei avrebbe voluto interromperla e far presto pur di allontanarsi.

“Rachy, che hai? Ma mi stai sentendo?” chiese Elizabeth con aria scocciata.

Rachel ebbe un sobbalzo e all’improvviso si morse il labbro, gli occhietti scossi e spalancati rivolti verso la gola:

“Lizzie...” cominciò, quasi balbettando. “L’ho visto anch’io... proprio adesso... mentre parlavi...  è come hai detto, c’è... come un’ombra laggiù in fondo che si sposta e...” 

Mettendosi in allerta, Lizzie si voltò verso il dirupo, quasi con entusiasmo:

“Un altro di quei falchi! Dove?”

“Shhh! Non guardare... smettila!”

“Daai... che cambia!?” protestò Elizabeth scrollandole il braccio per stuzzicarla.

“Di sicuro quello là non era il solo... ce n’è un altro in quella buca, ne son più certa.”

Rachel scosse la testa, smarrita:

“N-non saprei... in realtà... non ne sarei così sicura...”. Da qualche istante il cuore aveva ripreso a tamburellarle il petto.

“Sembra più... come una cosa grossa e lunga che si sposta. Lizzie, sul serio, ho paura... andiamo via”.

Lizzie deglutì e sul suo volto apparì una smorfia:

“Forse quel falchetto ha una famiglia...” disse con voce dubbiosa.

Rachel fece spallucce, e Lizzie scostò gli occhi sbirciando alle sue spalle senza sosta, con insistenza.

Tutt’un tratto il silenzio scricchiolò, e in un lampo, urti e vibrazioni esplosero in un rigurgito di suoni fendendo l’aria. In un attimo le due ragazzine si guardarono stranite rimanendo immobili.

“Non credo proprio che si tratti di un uccello, sembra troppo grosso...” osservò Rachel, riducendo la sua voce quasi a un sibilo, come se le mancasse il respiro. Lizzie sobbalzando disse:

“Ma allora... cielo! E se fosse un orso?”

Rachel afferrò il gomito di Lizzie fino a strattonarlo: “Avanti andiamo via! Non mi piace restar qui, andiamocene!”

“Ooh, aspetta!” brontolò Elizabeth. “Non così di corsa però... ho le gambe affaticate e inoltre, mi manca il fiato perciò, vedi di andarci piano, ok?”

Rachel la guardò severamente,  con disappunto:

“Nessuno ha detto che dobbiamo correre!”. L’aveva spinta di qualche metro verso gli alberi, le dita ben serrate attorno al braccio per trascinarla.

“Si, invece!” protestò Elizabeth. In un attimo, si ritrovarono in salita, percorrendo lentamente il manto erboso con Rachel che, nel tentativo di spronarla e farle fretta, le faceva strada:

“Bugiarda! Non è vero!”

“Non l’hai detto ma lo hai pensato...” contrattaccò Elizabeth, “E poi... vedi di stare attenta, accidenti! Per poco Pasticcio non cadeva... guarda che se scappa è colpa tua...dopo quello che ho passato, non mi va di andarlo a prendere di nuovo, rischierei la vita!”

Rachel tentennò, poi una scintilla la investì costringendola a vuotare il sacco:

“Sei tu che t’imbamboli a guardare!” ribatté decisa. “Anzi, ti ricordo che se non fosse stato per me a quest’ora Pasticcio manco sarebbe qui! Sai, a volte sei proprio peggio del tuo gatto lui alme...”

“Naah piantala, ti prego...” tagliò corto Elizabeth. “Non serve che ti agiti in quel modo! Ti stai impun...”

“Lizzie, qui non è questione di agitarsi o no, è pericoloso e basta! Lo vuoi capire?”.

Con uno strattone, Lizzie la tirò verso di sé bloccandola:

“E se invece in quel buco ci fosse un nido... chissà quanti falchetti stan laggiù, ah... sarebbe proprio un gran peccato non vederli, non ti pare?”

“Ti ho detto che non...”

All’improvviso Rachel si bloccò, perché un indicibile frastuono, simile a un’esplosione, rombò come uno squarcio nel burrone alle loro spalle. Le due ragazzine si ritrovarono di colpo come impietrite, l’una di fronte all’altra, gli occhi gonfi e straripanti di terrore come in un incubo.

“Co... c-cos’è stato?” chiese Lizzie tutta scossa e con voce tremante.

Rachel la fissò abbassandosi. Il cuore aveva ricominciato a scalpitarle come un martello. Con l’indice ben dritto sopra la bocca, invitò Lizzie a rannicchiarsi lentamente, trattenendo il fiato. Poi, quando l’altra iniziò a muoversi, si sentì schiacciar lo stomaco e in un attimo, le mancò il respiro. Poi uno stridio assordante le investì, riducendosi dopo poco a un lieve suono, come fosse un’eco. Non appena si placò, Elizabeth riprese fiato e sforzandosi, provò a parlare:

“Questo... però era diverso, vero?”. Rachel la guardò confusa:

“Quell’uccello visto prima, secondo me, aveva un altro suono.”

Quindi fissò Lizzie impietrita, i muscoli del collo ancora tesi per lo spavento. Proprio in quel momento, Lizzie fu sul punto di voltarsi e sbirciare in basso, ma poi mancandole il coraggio restò bloccata. Nascosta dietro di lei, Rachel non vedeva l’ora di scappare, ma a causa dell’irrigidimento delle gambe preferì star ferma. A ogni modo, adesso, qualcosa si muoveva sul fondale loro erano lì a due passi. Di nuovo, il silenzio fu interrotto e un lieve suono, simile a un cigolio metallico, vibrò nell’aria.

Pasticcio questa volta si agitò, protestando e sbattendo con le zampe come se piangesse. Rachel tirò un sospiro per recuperare fiato. Infine, sussurrando disse:

“Non muoverti... lui... n-non può vederci se non ci muoviamo”.

Lizzie tremò scuotendo su e giù la testa come una marionetta. Poi il rumore si fermò, e Rachel alzò la testa cautamente scrutando il bosco.

“L... lo senti ancora?” mormorò Elizabeth, la testa rannicchiata tra le spalle con Pasticcio sotto.

Rachel l’assalì con gli occhi costringendola a rimanere zitta.

Nel restare così stesa, le era parso che la fatica accumulata le premesse i tendini, perché aveva male alle caviglie e l’idea di continuare a restar ferma era insopportabile. Eppure era sicura che non avrebbero pazientato a lungo. Non appena fosse tornata un po’ di calma, lei e Lizzie si sarebbero immediatamente alzate e con accortezza si sarebbero allontanate subito.

E questo fu più o meno ciò che accadde, dopo pochi istanti.

Rachel fissò negli occhi la sua amica e subito passò all’azione; alzò lo sguardo sulle chiazze verdeggianti che dal ciglio, s’insinuavano sottili tra la pietra, attraverso il bosco. Lizzie deglutì e nervosamente, le si appiccicò ad un braccio. Rachel si girò verso di lei, annuendo appena. Le palpebre contratte per la tensione.

Non appena il frastuono finì, le due ragazzine si scambiarono un’occhiata e, con prudenza, strisciarono tenendosi per mano con le ginocchia a terra. Rachel sospirò e all’improvviso un senso di speranza le attraversò il petto.

Nel tornare in piedi, la prima cosa che le venne in mente fu quella di ricordare alla sua amica di non voltarsi. Ma poi la sua attenzione si diresse altrove, perché un minuscolo punticino rosso, non più grande di una capocchia di spillo, era spuntato all’improvviso addosso a Lizzie vicino al collo:

Rachel si agitò, trattenendo un grido:

“Lizzie, che cos’è quello? Lì, sul tuo collo... ti sei fatta male?”

“Cosa? Dove?” chiese Elizabeth. “Sul serio? Sei sicura? Io non sento niente... controlla.”

Lizzie allungò il collo sollevando il mento, e Rachel posò l’indice sul punto spalancando gli occhi. Quindi sconvolta, lo ritrasse indietro. Il minuscolo puntino rosso era in realtà una luce.

“A-allora... che cos’è? Lo hai tolto? Se n’è andato?” chiese Lizzie in preda all’ansia. Rachel seguì con gli occhi il punticino scivolare in basso. In quel preciso istante però, una scossa di paura le bloccò il respiro. La lucina svanì e di nuovo, un groviglio di suoni acuti e crepitii scoppiò alle loro spalle in un boato, come un suono cupo.

Le due ragazzine, per lo shock, rimasero impietrite e completamente incapaci di respirare.

A giudicare dai rumori, la cosa doveva essersi improvvisamente alzata. E anche se non l’avevano avvistata, adesso, ne percepivan la presenza che si ergeva sempre più buia e minacciosa alle loro spalle. Rachel pensò allora che, se si fossero sforzate, avrebbero avuto l’occasione di fuggire e mettere la pelle in salvo. Raccogliendo a sé ogni speranza, Rachel si aggrappò forte a quel pensiero e per un attimo se lo tenne stretto.

Dopo qualche istante, lei e Lizzie erano ancora lì, inermi e con i volti inorriditi, rivolti verso il burrone. Però di strani suoni questa volta non ce n’erano o non se ne sentivano. Le loro urla stavano coprendo tutto .

 
 
 

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