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Pearlchild I - Cap 2.2 "Gli spiriti della foresta"

  • Immagine del redattore: mizar106
    mizar106
  • 27 feb 2023
  • Tempo di lettura: 8 min



Rachel incrociò le braccia e in quel momento i suoi occhi si fecero più distesi e dolci. La fase in cui Lizzie fantasticava era la più spassosa. Poi l'amica proseguì e Rachel le fece un sorrisino. Ormai la sua amica era un fiume in piena:

“Da quel che ho letto, in molte storie c’é sempre qualche tizio che li ha visti. In certi casi, hanno persino ritrovato degli indizi, anche a distanza di molto tempo. Come quello della famiglia Lowengaard, tanto per citarne uno.”

“L... Lowen chi!?” .

“Carl, il padre, un giorno trovò delle stranissime incisioni lungo i tronchi di alcune sequoie attorno a casa, proprio come racconta il mito...”

“E quelle strane apparizioni di cui parli invece? Quali sarebbero?”

“Beh, dalle descrizioni che hanno messo... ecco... in un racconto che c’è qui, gli spiriti sembrano essere descritti come delle strane sagome un po’ basse e dalla schiena curva. Prendi ad esempio Jorder Stanton. Se leggi la prima parte del racconto, a un certo punto dichiara di averne avvistati quattro mentre passeggiava in mezzo al bosco con il suo Fox Terrier. Però, a pensarci bene, mi è sembrato un po’ troppo presuntuoso, quello Stanton, perché nell’articolo non fa altro che ripetere che i Bara erano apparsi appositamente dentro il bosco per fargli visita. Comunque per me, quell’uomo è un ignorante. Erano Kobara quelli! Ne son più che certa”.

Rachel strofinò dolcemente l’indice sulla punta del naso due-tre volte e si concentrò sul libro:

“Perché, che cosa cambia?”

Gli occhi di Lizzie luccicarono come due perline:

“Beh, praticamente tutto...” disse, quasi gongolando “Per prima cosa, i Bara vivono nei tronchi, da quel che so, li puoi costringere ad uscire solamente abbattendo l’albero o spezzandone il tronco principale con una fionda apposta. Sai, ci sono delle teorie che dicono che i Bara rappresentino il cuore centrale di ogni pianta, a dire il vero però, in questi libri non ne parlan molto. Ne citano soltanto alcuni aspetti e nient’altro. Ah, ora che ci penso, c’è solo un’altra storia che ne parla... un racconto un po’ bizzarro a dire il vero, ed io l’ho letto, ma ti confesso Rachy, non mi è piaciuto affatto. E poi mi è sembrato così cupo e triste...”

“Sarebbe a dire?”.

“Praticamente parla di un vecchio zoticone di paese che se ne va a vivere da solo dentro un bosco perché odia le persone e non vuole veder nessuno. Poi però, il vecchio, non avendo più nulla di cui vivere, decide di procurarsi della legna e per questo inizia a sfruttare il bosco. Solo che a quel punto, dopo aver abbattuto qualche albero iniziano ad accadergli alcune cose e non se la passa bene. Nel sonno, viene tormentato da strani quadrupedi parlanti simili a banane marce che scendono dai rami e gli urlano di tornare a casa. A un certo punto avevo quasi il voltastomaco. Davvero non vedevo l’ora di cambiar racconto...”.

“E’ una cosa troppo horror però, non se vorrò leggerlo...” commentò Rachel quasi disgustata “A ogni modo, se proprio ci tieni così tanto, puoi sempre dirmi come va a finire...”.

“Davvero lo vuoi sapere? Beh, a causa della visione degli spiriti lo zoticone diventa ancora più nervoso e stupido e alla fine si accanisce contro il bosco distruggendo tutto. Lui però non fa una bella fine. Circa una ventina di anni fa, la polizia ha ritrovato il suo corpo in fondo al lago e pare non avesse gli occhi, inoltre la sua testa era ricoperta di una strana muffa. L’autore dell’articolo è riuscito a ricostruire quella storia da una specie di diario personale che l’uomo teneva in casa”.

“Che cosa orribile...” sussultò Rachel. “Dev’esser stato per forza qualche pazzo... qualcuno a cui quell’uomo non andava a genio”.

“Accidenti è proprio vero. I Bara quando vogliono, sono davvero orribili.”

“Ma cosa dici? E’ ovvio che quel tizio è stato ucciso e poi... lo hai detto tu stessa pochi secondi fa, quell’uomo odiava tutti e non voleva aver rapporti con nessun’altro al mondo... ha avuto la fine che si meritava, no?”.

Elizabeth gettò gli occhi in mezzo al libro e un attimo più tardi glielo mise addosso:

“E allora i segni verdi sulla fronte?” protestò, indicando un la foto di un vecchio volto prosciugato nella penombra. “Questo, come te lo spieghi?”.

Rachel fece spallucce e disse:

“Ah, quelli... potrebbe essere stato chiunque a farglieli e poi... che ne sai tu della sua vita, magari si sentiva male.”.

“Mmh, a ogni modo, quei segni erano troppo strani.”

Rachel fece un cenno con la testa ma non disse niente. Per la prima volta, il terrore che quel fatto fosse autentico le diede un brivido. Nel frattempo Elizabeth stava continuando a sfogliare il libro. Sfoggiava contentezza e un’aria particolarmente gioconda e accesa, come se una nuova e meravigliosa consapevolezza le avesse illuminato gli occhi.

“A ogni modo non ti devi preoccupare... per i Bara intendo” disse con leggerezza “Tanto domani attorno a Pracklewood nemmeno li incontreremo. I Kobara invece, da quello che riportano nei libri, sembrano così carini...”

Rachel inarcò le sopracciglia e con uno scatto disse:

“Hei, aspetta che cosa intendi con... vedremo? A Pracklewood? Domani!?” sobbalzò “Che storia è questa!?”

“Bè, te ne avrei parlato proprio adesso, te l’assicuro. Rachy ascolta ho in mente un piano.”

“Scusa ma non credo di capire quello che stai dicendo, insomma si può sapere di che parli? Io non ne so proprio niente.”

“Ma insomma non capisci? Davvero il nome Pracklewood non ti dice niente?”

Lizzie era sempre più eccitata mentre parlava:

“Beh ecco, il punto è che quel bosco è molto grande. Finora papà non mi ci ha mai portato, ma lui continua a dire che si tratta di un bel posto perché lì ci sono un’infinità di querce e altri alberi più vecchi che sono lì da sempre. È l’ideale, no? Hai idea di quanti Kobara si nascondano da quelle parti?”

“Sssh! Abbassa quella voce!” la interruppe Rachel, l’indice piantato sopra le labbra.

“Fammi capire bene. Tu vuoi che ti accompagni fino a Pracklewood... domani?” .

Lizzie annuì e con un’espressione spudoratamente maliziosa fece un sorrisino:

“So che può sembrarti una pazzia ma domani è l’unica occasione che ci resta per trovar gli spiriti. I Kobara... naturalmente. Molti sono convinti che incontrare un Kobara di persona porti un sacco di fortuna e tante altre cose belle, ecco perché riuscire ad incontrarne uno è così importante”.

“Si ma... saranno almeno trenta miglia e poi... in un posto sperduto come quello ci si perde e basta. Si può sapere che ti salta in testa?”

“Prima che tu tornassi, zio Arthur è venuto a trovarci per lavoro e rimarrà tre giorni. Hai presente in cima ai pali, quelle scatole quadrate con dentro i cavi? Beh, ecco... deve ripararne alcune. Quando ha detto che doveva andare verso Pracklewood quasi mi è venuto un colpo. Così, inventando qualche scusa ho chiesto a papà e mamma se potevo accompagnarlo e loro ci son cascati in pieno”.

Rachel serrò forte le labbra e guardò Lizzie come se un debole conflitto si stesse facendo lentamente largo nella sua testa:

“Cioè, vorresti andare fin laggiù... sul serio, io... non so se me la sento. Potrebbe essere pericoloso...”.

La voce di Elizabeth si fece più distesa e morbida:

“Oh, beh, dal momento che iniziavi a stare meglio ho pensato che se te l’avessi proposto di nascosto, noi... ”.

“Infatti sto benissimo però... si insomma, non è quello il punto!”.

“Fantastico!” Lizzie sobbalzò trattenendo a stento un urlo per l’eccitazione. Allora è deciso, domani andremo assieme”.

Rachel sgranò gli occhi, inerme. Poi Lizzie proseguì:

“Comunque non devi affatto preoccuparti, non è pericoloso da quelle parti, te l’assicuro. E poi i Kobara, si sa, non farebbero del male a una mosca, te l’ho detto...”.

“Mia zia andrà su tutte le furie quando lo verrà a sapere.”.

“Tranquilla, nessuno ne è al corrente a parte zio. Anzi, sai, nemmeno lui verrà a saperlo a dire il vero. Però a pensarci bene, alla fine ci aiuterà lo stesso. Allora che ti sembra? Non è uno spasso?”. Le labbra di Lizzie si piegarono in un ghigno astuto. Poi Rachel disse:

“Mi è proibito allontanarmi fuori casa... figurarsi in macchina! Zia Wendy, lei... non me lo permetterebbe.”

“Beh, ma è facile. Dovrai solo raccontarle che ti ho invitata a studiare a casa mia e che perciò per la mattina sarai impegnata.”.

“Ma quel...”

“Anzi! Puoi spiegarle che, siccome con lo studio sono indietro, ho bisogno del tuo aiuto e perciò domani staremo assieme. Immagina ad esempio, che io mi trovi nei casini a causa delle verifiche di storia o... che so, delle interrogazioni in classe. Insomma roba seria, del tipo che potrei essere bocciata, capisci? Allora, che ne pensi?”. Il tono della voce dell’amica le sembrò tutt’un tratto così buffo che a Rachel scappò un sorriso.

Fra le cose che in quasi dodici anni aveva imparato a fare, quella di non mentire era diventata di gran lunga la sua qualità migliore. Dopotutto, con zia Wendy (ma anche con resto della famiglia) fin da piccola, si era sempre comportata sinceramente. Non per obbedienza però, ma per il semplice motivo che le bugie non erano nella sua cultura. Le considerava una mancanza di rispetto troppo dura e squallida, una mossa un po’ sleale adottata far scorrere le cose per il verso giusto. Ed è così che s’era comportata, fino a quel momento. Talvolta qualche piccolo disguido l’aveva portata sul punto di mentir davvero. Ma che fosse per dispetto o convenienza alla fine il risultato era sempre quello: rimuginava su ciò che doveva dire e per non rischiare di ferire le persone se ne stava zitta. Ma adesso in lei c’era un qualcosa di completamente nuovo. Si sentiva pronta, ma anche più esigente e con il desiderio di sentirsi libera.

Poi però, di colpo, un’immagine legata a quel pensiero la fece sentire triste. Si ricordò dei campi in fiore in cui andava a giocare quand’era piccola, e realizzò che la sua vita, lentamente, ne stava facendo parte. Un fiore in procinto di appassire ancor prima di essere sbocciato completamente, perfettamente consapevole del mondo e di tutte le belle cose irraggiungibili che aveva intorno. E allora fuggire per una volta da quel guscio, dopotutto, era necessario. Doveva solo lasciar fare alla sua amica e al resto ci avrebbe pensato dopo.

“Sentiamo allora... com’è che avresti in mente di acciuffarli, questi spiriti?”

Lizzie le rivolse un’occhiataccia e piegò la testa:

“Ma non dobbiamo catturarli. Ci basterà attirarli in qualche modo e aspettar che escano. Vedrai che sarà un gioco da ragazzi, ci divertiremo.”

Lei arretrò verso il cuscino e fissò la piccola sveglia colorata accanto l’abat-jour, quindi tirò un sospiro:

“Staremo fuori solamente qualche ora, intesi? Mia zia va in paranoia quando sa che non sono in casa, figurati come potrebbe reagire per una cosa simile...”.

“Dipende dal lavoro di zio Arthur. Però secondo me, non ci metteremo molto.”.

“Si, mi raccomando, dev’essere una cosa breve” e così dicendo Rachel si morse il labbro “E poi Pracklewood è selvaggia, dovremmo anche cercare di non perderci... se ci perdessimo senza rendercene conto, noi...”.

Lizzie la fissò facendo spallucce:

“Ma è sicuro, ti dico... perché non mi vuoi credere?” disse quasi sorridendo “E poi, insomma, a parte organizzarci con zio Arthur, dovremmo solo cercare qualche quercia e aspettare che i Kobara escano. Semplice, no?”.

“Tu sei proprio matta...”

Rachel constatò che i discorsi che Lizzie le stava facendo non fossero convincenti, eppure qualcosa di ammirevole e suadente l’aveva attratta:

“Lo è anche chi mi tiene compagnia, se vuoi saperlo” la sfidò Elizabeth. “E poi che cosa credi, solo perché ti sei assentata a qualche uscita non significa che tu sia diventata tutt’un tratto una santarellina!”.

Trattenendo un sorriso, Rachel colse subito l’intesa negli occhi della sua amica:

“Perciò, mi stai dando della matta, vero? Ma se una matta attira l’altra allora...”

“Due matte... all’avventura?” Le labbra di Elizabeth s’inarcarono in un sorriso astuto. Poi un istante dopo, guardandosi negli occhi entrambe sollevarono la mano e lentamente fecero combaciare il palmo.

“Fatti accompagnare a casa mia domattina... altrimenti, se nessuno può portarti passo a prenderti. Però non più tardi delle otto. Zio Arthur va a quell’ora, perciò, ricorda... non si può far tardi.”.

Rachel annuì e in un lampo la sua bocca tornò a accorciarsi, poi, svogliatamente, la ragazzina si riappoggiò al cuscino.

“No non preoccuparti” bisbigliò “Mi farò accompagnare per quell’ora, io... si, lo dirò a zia Wendy.”.

Lizzie tirò indietro il braccio, accatastò un libro sopra l’altro e mise tutto in borsa.

Tutt’un tratto un alito di vento scivolò dentro la stanza sfumando come un magico richiamo verso un velo d’ombra. Poi, come per incanto, le parole che Lizzie stava sussurrando scomparvero nel buio come se quel soffio le stesse risucchiando via.

“Spiriti dei boschi e delle foreste, aspettateci...”

Rachel ed Elizabeth, rimasero per alcuni istanti immobili l’una davanti all’altra, gli occhi limpidi e lucenti, animati dalla voglia di sognare, consacrando ciò che ancora gli restava di quella calda estate.

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2 commenti


MatteoN01
MatteoN01
04 mar 2023

molto bella anche la seconda parte del cap. 2.

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mizar106
mizar106
06 mar 2023
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grazie mille!!

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