Dalla finestra
- mizar106

- 5 dic 2022
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 24 gen 2023

Scroscio di Novembre, la punta del naso ancora rossa e fredda come un ghiacciolo, spiaccicata contro la finestra. Lampioni che come macchie luccicanti scintillavano scemando lungo il viale come stelle all’alba. Un batuffolo di fiato s’allargò offuscando di colpo la visuale al di là del vetro. Subito mi ci appoggiai con una guancia e rimasi fermo. Mentre il soffice fragore della pioggia prendeva ritmo, strisciai un dito contro il vetro e subito un miscuglio di riflessi scoloriti mi fece di visita.
Due grossi fari gialli scivolavano lentamente lungo la strada, da sinistra a destra, spargendo acqua.
Non appena mi liberarono la vista, vidi sotto un acero ormai spoglio una minuscola macchietta accovacciata rintanata all’ombra.
Un felino un po’ perplesso attendeva lo scemare della pioggia per tornare a casa. Chissà che scocciatura! Pensai. Forse s’era smarrito o la classica scappatella di quartiere lo aveva messo in trappola. Porta pazienza signor gatto, riflettei. Tanto se si sfoga in questo modo non ne avrà per molto. Vuuum! D’un tratto, uno schiaffo d’aria fredda si schiantò sugli alberi. Signor Gatto alzò la testa. Gli occhietti fissi e incollati sulla mia porta come una sentinella.
Mi misi a fissarlo attentamente e vedendo che guardava la mia casa gli dissi di non fare complimenti e che poteva entrare. Lascia perdere, mi disse. Nonostante continuassi ad invitarlo era rimasto fermo: mi spiegava che bastava pazientare e che comunque, da quel lato del marciapiede andava bene perché ci si bagna meno. Abbi prudenza caro mio! Con un tempaccio come questo, anche noi esseri umani quando siam per strada, ci agitiamo facilmente e volte commettiamo errori.
A un certo punto quasi credetti che il felino fosse in procinto di fuggire via, ma dal modo in cui continuava a guardarsi attorno capì che non era pronto.
Passò qualche minuto e il suono fluttuante della pioggia si fece forza. Ascoltai la sinfonia della tempesta che s’abbatteva a colpi grevi e irregolari sulle chiome spoglie. Milioni e milioni di colpetti e microscopici e liquidi rintocchi che si fondevano all’unisono sotto un cielo d’acqua.
Un cappotto lungo e grigio mi sfazzolettò per qualche metro sotto gli occhi e svanì di colpo.
La pioggia stava rallentando.
Una bici corse via tra le pozzanghere, spargendo e sollevando qualche foglia che a sua volta, compiva un breve balzo e afflosciandosi come un volatile ferito, scivolava a terra.
Io spostai la guancia e con la fronte appiccicata contro il vetro mi misi a osservare meglio.
Microscopici e lontani, due umidi faretti erano apparsi sul fondo della strada pronti ad attraversar l’incrocio. Proprio in quell’istante, un ombrello arcobaleno era spuntato all’improvviso dietro un’auto e s’era messo in marcia.
Danzava e roteava sotto l’acqua come una trottola, e con mia gradevole sorpresa, mi accorsi che mi veniva incontro. Uno sgarro alla tempesta, uno strascico di festa e buon umore sul finire di una giornata uggiosa. Sotto di esso, due sagome minute, una alta e una più bassa, avanzavano a ritmo sostenuto sopra il marciapiede. Ancora qualche metro ed ecco che l’ombrello colorato mi passò davanti. Una ragazza dal cappotto color vino e una donna alta ed elegante camminavano a braccetto e la più giovane, giochicchiando con il manico, ruotava l’ombrello in senso orario e poi lo rigirava indietro. Parlavano animatamente tra di loro scambiandosi sorrisi spensierati tra un passo e l’altro.
Piegando un po’ lo sguardo, mi ritrovai a rincorrere quei volti e nel giro di un minuto vidi che della coppia spensierata non c’era traccia. Adesso, la sola cosa che osservavo era il loro ombrello. Non appena questi fu lontano, vidi il furgone della posta parcheggiare con insolita pigrizia davanti casa.
Lo scroscio s’era ormai esaurito.
I rami sgocciolavano e fruscii di foglie secche si levavano come gemiti confusi mescolati al vento. Scostai gli occhi un po’ più in basso e guardando sotto l’acero ormai spoglio vidi che il gattino che era fermo se n’era andato.
Col rimbombo del maltempo tra le tempie, spinsi fuori la finestra e accostai le ante, le serrai, quindi chiusi nuovamente il vetro. Mi allontanai dalla finestra e non appena tornai indietro mi accorsi che un timido sorriso m'era apparso in bocca.
Dopotutto era stata solo pioggia.




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